Coral Bracho, Quello spazio, quel giardino
Edizioni Kolibris 2014 – Collana Quetzal
Traduzione e introduzione di Chiara De Luca
ISBN: 978-88-96263-90-7
pp. 94, € 12
Quello spazio, quel giardino, annuncia il titolo di questa raccolta poetica di Coral Bracho, che si configura piuttosto come una sola poesia di ampio respiro. E ci chiediamo dove voglia portarci la poetessa, dove si trovino esattamente quello spazio, quel giardino. Ben presto ci rendiamo conto che la poetessa intende condurci nel mondo della sua infanzia, aprircene le porte, invitandoci a entrare. La poetessa ci chiama a visitare l’eterno giardino dell’innocenza, situato fuori dal tempo e dallo spazio, eppure sempre presente, fisicamente presente. Come sono fisicamente presenti i ricordi, i volti che sembrano materializzarsi da vecchie foto e tornare a sorridere, i bambini che ci sembra di sentir gridare e di veder correre a perdifiato nel giardino, il padre perduto, il padre guida muta, assenza onnipresente. Tutto nella poesia di Coral Bracho è pervaso da una inesausta vitalità, anche la morte vi si personifica, e prende il suo legittimo posto tra le cose. Con questo suo canto sospeso, misterioso e spesso oscuro, la poetessa sembra voler entrare in contatto con l’anima degli oggetti, che tutto hanno visto e preservato, per guardare attraverso gli occhi delle finestre, schiudersi come le porte della casa, lasciando entrare le ombre, mai esorcizzate, bensì evocate. Nella solitudine accogliente della notte i fantasmi non fanno più paura e i ricordi, in punta di piedi, vengono a trovarci e si fanno più vivi, più nitidi, come lo sono le storie dei bambini, in cui angeli e mostri convivono. Così come nella memoria convivono il dolore dell’assenza e la gioia della presenza che la perdita non ha potuto estinguere. E la realtà si trasfigura come neve che si scioglie.
*
È la notte il luogo
che illumina il ricordo.
È una vasta costruzione
sul mare. È il suo dispiegarsi
e susseguirsi.
Ampi corridoi si estendono su bianchi piloni.
Le terrazze aperte ombreggiano le onde,
e ti addentri e attraversi
insondabili estensioni.
Va lo sguardo inaugurando i tratti,
vanno i passi centrando l’immensità
e il suo profilo
cangiante si addensa.
e la sua solidità nascente
ancora infonde in noi una chiarezza: quella dello spazio
che s’intreccia. Vediamo
trasparenza nei muri, trasparenza nelle dense,
onde sveglie e un’allegria ci sfiora come un augurio,
come la pinna sottile e segreta
di un pesce.
È la memoria il vento
che ci guida nella notte
e in essa fonde
il suo tepore: E ancora ci porta, ci copre,
col suo respiro. Ed è la sua soave premessa, la sua
levità
a schiudere quelle porte:
Balconi, stanze,
corridoi colmi di profumi. Sale
d’inestricabile e nitida quiete. Qui,
tra splendori di recente orditi,
sotto lo spazio imperturbabile, riprendiamo, a carponi,
l’espressione dei mobili,
la loro smussata compiacenza: Tutto
ci copre allora
con una intatta
serenità. Tutto
ci protegge e solleva con gioiosa disinvoltura.
Mani ferme e gioviali ci cingono
e ci lanciano in aria, la sua sorprendente, schiva, oscenità.
– Mani affettuose
e dense. Siamo
di nuovo risa,
di nuovo chiassoso rapimento,
accolta ampiezza.
Tutto
ci riprende e impernia,
tutto ci dispiega e abita
sotto quei boschi
tutelari: Acqua
gocciante; luce
sotto le foglie intricate del patio.
*
Es la noche el lugar
que ilumina el recuerdo.
Es una vasta construcción
sobre el mar. Es su despliegue
y su secuencia.
Amplios corredores se extienden sobre blancos pilares.
Las terrazas abiertas sombrean las olas,
y uno se interna y cruza
por insondables extensiones.
Va la mirada inaugurando los trazos,
van las pisadas centrando la inmensidad.
y su perfil
cambiante se va trabando.
y su emprendida solidez
nos va infundiendo una claridad: la del espacio
que se entrelaza. Vemos
transparencia en los muros, transparencia en las densas,
despiertas olas y una alegría nos roza como un augurio,
como la aleta fina y sigilosa
de un pez.
Es la memoria el viento
que nos guía entre la noche
y en ella funde
su tibieza: Nos va llevando,
nos va cubriendo con su aliento. Y es su suave premisa, su
levedad
la que entreabre esas puertas:
Balcones, cuartos,
aromados pasillos. Salas
de inextricable y nítida placidez. Ahí,
entre esplendores recién urdidos,
bajo el espacio imperturbable, recobramos, a gatas,
la expresión de los muebles,
su redondeada complacencia: Todo
nos cubre entonces
con una intacta
serenidad. Todo
nos protege y levanta con gozosa soltura.
Manos firmes y joviales nos ciñen
y nos lanzan al aire, a su asombrosa, esquiva, lubricidad.
–Manos entrañables
y densas. Somos
de nuevo risas,
de nuevo rapto bullicioso,
acogida amplitud.
Todo
nos retoma y nos centra,
todo nos despliega y habita
bajo esos bosques
tutelares: Agua
goteando; luz
bajo las hojas intrincadas del patio.
*
Cedro, sandalo,
puro eucalipto.
Qui torniamo,
qui aggrovigliamo le voci. E un benessere
incontenibile, una moderata pienezza
c’inebria.
Siamo, tra quei tratti, immensità.
Siamo la sua abbagliata congiuntura.
e così attraversiamo,
sempre ruotando attorno a quel centro,
sempre costeggiando quel calore, quel nucleo intatto
di addensata dolcezza, per la notte senza fine,
per i suoi corridoi
insondabili. Così torniamo:
per il luogo
che qui hanno conservato,
che qui hanno preso
per noi.
*
Cedro, sándalo,
acendrado eucalipto.
Ahí volvemos,
ahi enredamos nuestras voces. Y un bienestar
incontenible, una ceñida plenitud
nos embriaga.
Somos, entre esos trazos, inmensidad.
Somos su deslumbrada coyuntura.
y así cruzamos,
rodeando siempre ese centro,
bordeando siempre esa calidez, ese meollo intacto
de hacinada ternura, por la noche sin fin,
por sus pasillos
insondados. Así volvemos:
por el lugar
que han conservado aquí,
que han emprendido aquí
para nosotros.
*
Loro, i morti, ci guardano con occhi inabissati,
col cuore incendiato, e uno sconcerto di bambini,
un sussulto desolato ci tocca,
una tristezza occulta.
Dove?
Dove lasciamo questo spazio?
E nei loro occhi precisi e alienati vediamo
quella stessa domanda:
Dove? Dove lasciamo,
dove lasciamo quello spazio?
*
Ellos, los muertos, nos miran con sus ojos ahondados,
con su encendido corazón, y un desconcierto de niños,
un sobresalto desolado nos toca,
una tristeza oculta.
¿Dónde?
¿Dónde dejamos ese espacio?
y en sus ojos precisos y extrañados miramos
esa mi sma pregunta:
¿Dónde? ¿Dónde dejamos,
dónde dejamos ese espacio?
Coral Bracho è nata a Città del Messico nel 1951. Tra i suoi libri di poesia ricordiamo: Peces de piel fugaz [Pesci di pelle fugace, 1977], El ser que va a morir [L’essere che va a morire,1982], Bajo el destello líquido [Sotto lo scintillio liquido,1998, che raccoglie i suoi libri precedenti], Tierra de entraña ardiente [Terra dalle viscere ardenti, 1992, in collaborazione con la pittrice Irma Palacios), il volume che riunisce i titoli precedenti Huellas de luz [Orme di luce, 1994] e La voluntad del ámbar [La volontà dell’ambra,1991] Ese espacio, ese jardín [Quello spazio, quel giardino, 2003], che ha ricevuto lo Xavier Villaurrutia Prize e Cuarto de hotel [Stanza d’albergo, 2007]. Nel 1981 le è stato assegnato il Premio Nazionale di Poesia Aguascalientes per El ser que va a morir. Fa parte del Sistema Nacional de Creadores de Arte ed ha ricevuto una borsa di studio della Fondazione Guggenheim