Collana Chiara – Poesia italiana contemporanea
Carmen Grattacaso, Le conversioni dell’amore
Prefazione di Alessandro Franci
ISBN: 979-12-81236-17-2
pp. 86, € 15
Questa nuova raccolta di Carmen Grattacaso, si apre introducendo subito più elementi per certi aspetti contigui, che andranno poi a formare, come tessere di un mosaico, pagina dopo pagina, l’insieme di Le conversioni dell’amore.
Già la prima poesia, ad esempio, nel verso iniziale, “Il corpo s’arrampica sul tuo”, fornisce l’indicazione di quello che sarà, nelle variabili e nelle declinazioni successive, il tema di fondo; al contempo accenna a quei moti interiori, ma in buona parte universali, che si addensano in molte delle poesie qui presentate.
Un altro elemento si può cogliere nell’ultimo verso, che sembra ispirare anche il titolo scelto per la raccolta, perché se all’inizio quel corpo si arrampica, nell’ultimo verso “si converte invece in amore”.
Sempre nella prima poesia così come in altre, compare, ricorrente e in circostanze diverse, il sostantivo “terra”; terra che è materia e simbolo, a momenti salvifico, in altri meno. Nella poesia di apertura quasi si assiste nel “letto nuziale di terra” a una sorta di sepoltura, o più precisamente di congedo, a una forma di scomparsa, però anche a un’adesione, un’appartenenza che regge e supporta, suggerisce, l’intero andamento tematico, pur con le sue trasformazioni, del corpus fondamentale dell’opera.
Questa severità di richiami tende poi a mitigarsi nella poesia che segue: “poggiati su una terra colma d’aria”. Più avanti le “poesie sono fatte di terra”, perché come questa – si legge – sono “lavorate”.
Di fatto, l’attenta lavorazione che l’autrice s’impone, risulta evidente nella ricerca accurata, tesa a raggiungere un’essenza, una sorta di distillato che ci pone di fronte a ciò che altrimenti potrebbe sfuggire, non tanto per una lettura superficiale, quanto nell’eventualità di una scontata suggestione che temi come la perdita, l’amore, il dolore, potrebbero, per così dire, alleggerire l’impegno indugiando, con uno sguardo complice, su convenzioni fuorvianti. Il punto di vista, il tracciato suggerito dalla poetessa, infatti, elude volontariamente il semplice incrocio di effetti e sentimenti e s’inoltra, invece, in abbandoni, a volte visionari e spiazzanti.
Carmen Grattacaso quasi ci avverte, riguardo proprio alla sua poesia, e lo fa in una dichiarazione-confessione, quasi a scusarsi, a renderci partecipi sì, del suo e universale vissuto, ma, allo stesso tempo affermando nella sostanza ciò che le preme, sottolineando così la natura di un lirismo particolarmente alieno da complicità e da rigide costruzioni.
Dalla Prefazione di Alessandro Franci
Il corpo s’arrampica sul tuo,
non illusione,
ma ramo e foglia preparando
letto nuziale di terra,
mentre fuga di nuvola avviene
e non s’avverte,
si converte invece in amore.
**
Fra questo balcone e il mare
i tetti delle case
disegnano la strada.
Strada di curva e gatti,
che attendono passi felici.
Il mio veloce finge.
**
Il miele non serve,
né serve l’aceto,
mia scrittura che stai zitta
e non hai cuscini,
mi hai presa come
il pescatore attento
attira il pesce
e felice lo rimette in mare.
**
Di nuovo a porte chiuse
entra l’altrove,
un nuvoloso corpo che si muove
facendo male con il suo respiro
asma che contagia l’aria buona,
sinistramente scompagina le cose,
ed io non trovo più
la quieta pace
che raccoglievo dentro bei canestri,
dalle finestre poi spandevo rose.
**
Hanno spogliato il mio albero,
frugato ogni foglia,
povero cielo che ha assistito,
ed io non c’ero.
Aveva un tronco gentile,
e seducenti rami
quando mi ha salvata.