Chiara De Luca, Animali prima del diluvio

Collana Chgiara – Poesia italiana
Chiara De Luca, Animali prima del diluvio
Prefazione di Gianluca Chierici
ISBN 978-88-96263-32-7
pp. 122, € 12

L’oltre è visibile. Ci ricorda la mappa per tornare a vivere, per prendere le cicatrici e soffiarci dentro un nuovo spirito. Ma c’è qualcosa da bruciare tra queste rovine di uomini e donne, tra queste allucinate ricerche che fanno della salvezza l’unico credo. La fiamma è un Sì, netto, come il colpo di un pugnale che incide la scelta, un fiorire di coincidenze, un’impronunciabile vergogna. Coincide con il pianto, con il sudore, con l’incendio che ha infiammato la voce, prima che la memoria si facesse sghemba e il battito piantasse nel buio le immagini del naufragio. Prima dei grani, del rosario divorato dalla deriva, una guerra segreta ha contagiato l’orizzonte. Le leggi d’amore si posano agonizzanti nel dilatarsi del sogno, come una promessa distratta, rubano il sonno alla notte. Non basta l’attesa per frugare tra i confini del silenzio, non bastano le ombre a inscenare un teatro crudo e cieco, dove gli uomini si annidano come spettri, per non dover più credere al contatto della pelle, allo sfiorarsi delle dita. Animali prima del diluvio è un libro che risale nel corpo dopo la lettura, che ritenta la strada del cuore, assediando le vene.

dalla prefazione di Gianluca Chierici

Abbiamo aperto i boccaporti del buio
a farci caldo solo di pensiero,
entra freddo nelle parole
nudate del senso fino al silenzio.
La mano me la strappi di mano
mi chiudi in un angolo e torni
a forzare il fiume dentro un bicchiere.
Faccio pressione sulle pareti
di vetro scompongo frantumi:
acqua si divincola, e cocci.

***

Ci vorrei stanotte ritornati
animali prima del diluvio,
lasciarci il coraggio di un approdo
sicuri incastonare la prua della nave
nella sconosciuta baia del vissuto.
Raccogli naufrago nel vento il mio sbandare
agitarsi di mani appese a rami emersi,
appuntando gli occhi brancolanti ad una cima.
Perché la pelle nuda da sola non riscalda,
avvolgersi del manto generoso dell’infanzia
accovacciati in fondo a una tana condannata
dove il gioco lento è scivolato nel massacro
riapriamo nella carne cicatrici per leccare
animali prima del diluvio.

***

Popola le sere il canto delle cose
come di un esercito in assedio
attorno a un lenzuolo dove
tendo il corpo per depositarvi
il troppo di ricordo: nella schiena
stanno conficcati gli abbandoni
lungo le gambe i mancati amori,
nel ventre s’insediano i veleni
del vero che si è sfatto a interrogarlo.
La realtà non sale né discende
forma pozze immobili nel centro.
Sterili canne sono adesso le parole,
si sporgono dal fango ritentando
di risalire in gola a germogliare.

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