Collana Mariposa – Poesia brasiliana contemporanea
Rodrigo Garcia Lopes, Studio realtà
Prefazione di Michele Nigro
Traduzione di Chiara De Luca
ISBN: 979-12-81236-21-9
pp. 256, € 15
Studio realtà di Rodrigo Garcia Lopes è anche un imprendibile manuale di scrittura poetica per “innamorarsi di questi frutti della parola”, mai schiavi ma “istanti portatili”, liberi, nomadi nei nostri deserti quotidiani; mai prigionieri di convenzioni e convinzioni, avere fede nell’evoluzione (“la poesia è una / strategia di soprav- / vivenza”), nel Todo Cambia cantato da Mercedes Sosa, nel cambiamento non previsto e non riassumibile in una rima. La poesia è essere dove non si è, non dove è logico pensare di dover essere, anche se la vita a cui si è legati è una e una sola: è raggiungere l’insondabile con la fantasia (fare Fabula rasa del reale!) – travolgendo la razionalità di spazio e tempo, e quindi della Storia –, fissando sfumature nei versi ispirati da sensazioni vissute; è “sapere cosa ci dice ogni oggetto”, è baciare il momentaneo. È lo strumento che “scava l’inafferrabile”.
La poesia di Garcia Lopes è esplorazione geografica e interiore, è viaggio intimo (“Nell’esilio di dentro”) e al tempo stesso vagabondaggio tra le meraviglie del pianeta; è classificazione naturalistica e dei sensi, che ricorda il Canto General di Neruda, unita al realismo magico di Borges (“la realtà […] è la bolla magica / che si forma in pieno campo di battaglia”). È poesia legata alla materia di cui è fatto il mondo: “Tutto fa rima con qualche cosa…” (Anatomia della rima); è frequentazione assidua dei fenomeni (“fissi sul meccanismo delle onde / gli occhi / imparano / a pensare”) che non sempre riescono a entrare nel discorso ma a volte permangono nella mente. Se il ritmo, la rima, la poesia non raggiungono il poeta, è perché non le porta dentro di sé, e può accadere anche ai più dotati, agli ascoltatori attenti. Perché la poesia è un accordo, “un bacio di cose / il pomeriggio / che si traduce in giada”; è il miracolo incosciente di un momento: “subito dopo pensi già a te stesso”. Apparteniamo a un vecchio modo di vedere, a una vecchia legge: le distanze tra noi e la verità sono ben altre; ma possiamo ancora guarire perché “essere è percepire”, anche se il mistero resta e la poesia è l’unico mezzo ideale per risolverlo. Un poeta – e nel constatarlo non può che ritenersi fortunato, anche se a volte costa fatica – può solo pagare la sua “quota giornaliera di stupore” nei confronti della vita: la moneta usata è la parola; essere il suo “biografo fedele e privilegiato”, il suo “traduttore”.
Dalla prefazione di Michele Nigro
Nell’ora del mondo
Rimare è risvegliare i suoni delle sillabe,
come la prima volta, sorprenderle
nella loro tana segreta, dove non sono.
Libere dai sensi, non sibille
né schiave, istanti portatili,
Innamorarsi di questi frutti della parola
intrecciati nei loro echi, in volo inverso,
nomadi persi in un incerto
deserto,
in questo calore che addolcisce ogni colore, lava
dalla stranezza questa passione severa
sotto il basso che scandisce la melodia
del primo
mezzogiorno
***
Alba
È molto presto per essere mattina.
Troppo tranquillo per essere giorno,
È una sillaba angosciata quasi pronunciata,
Invisibile accordo là,
Presagio d’ombra qui. Ci sono
Alcune campane che suonano dolcemente
Nella mente ancora senza neve.
Tutto è rimasto per domani:
La morte, la storia, l’ora x.
È troppo bello per essere vero.
Ed è quasi tardi per essere ora.
***
Anatomia della rima
Non esistono rime povere.
Ogni suono, sì, è artificio
che il tempo leviga e consuma.
Vento metafisico, questo
che ci copre, parola
che soffia dalla Provenza
o fessura nella roccia, risma
di capelvenere che avanza –
ripetizione nella differenza.
Tutto fa rima con qualche
cosa, a patto che non sia rara
Cobra nuda penombra
Oppure sfiora, tonante
le parole che istanti prima
erano calligrafia della parola,
specie di fata, una cabala.
***
Mentre
Lingua, strano viaggio
per paradisi perduti, esperanti,
Sentieri, cantilene
di templi nascosti
in riva al mare
nella foresta fitta, mentre
in stato di pensiero
il paesaggio evapora
in un io che è quasi silenzio
breccia tra ciò che fu
e ciò che sarà
tempo dentro al tempo
tracce della notte spezzata
vertigini attraverso scie di luce
un altro autunno e i suoi gesti
chiari e segreti
mentre fiori di linguaggio
cadono ai nostri piedi.
***
Paesaggio marino
La casa è un ponte
L’evento è un vento da sud
Nuvole sono isole nel blu
Le onde ringhiano schegge
Rinascono nella nostra pelle
Foglie sciolte sono anime
Frusciano e scintillano nella bellezza
Somministrano la pazienza delle rocce
Perforano lo spazio
Gli occhi rifioriscono nella chiarezza
Il sud s’impossessa delle ombre dei gabbiani
E il pomeriggio riassume ciò che sei.