Collana Beija-flor – Poesia portoghese contemporanea
João Luís Barreto Guimarães, Movimento
Prefazione di Stefano Serri
Traduzione di Chiara De Luca
ISBN: 979-12-81236-27-1
pp. 126, € 15.
Ma cos’è il mondo,
cos’è questa cartina piena di punti dove ancora non sei passato (ma speri ancora di recuperare);
cos’è questa stazione dove trovi lasci e ritrovi le persone, anche quelle scappate, anche quelle che credevi perse per sempre, una stazione dove non sai ancora se partirai, ma sosti ai tavolini dei bar, sulla panchina, sulla banchina, ti fermi e guardi come sono diversi eppure vicini, i passanti, i visi degli altri;
cos’è questo giardino dove fioriamo, ci sfogliamo, facciamo due passi e perdiamo radici, ci riscopriamo verdi dopo il marrone, troviamo un sentiero e non c’importa dove;
a cosa serve, tutta questa creazione, questo esercizio di grazia in sei giorni (più il settimo, per i ripetenti e per i più stanchi), questo bellissimo quadro che abbiamo guastato infilando le mani sporche troppe volte, pasticciato, forse bucato, bruciato, danneggiato forse per sempre;
a cosa serve un libro, ad esempio questo Movimento, che la ripete, la creazione, un giorno alla volta, dal pianeta più lontano che è Saturno fino al nostro sole, contando il tempo con il pallottoliere del cielo, come facevano i romani antichi;
a cosa serve, adesso, a me, a cosa serve Dio, tutto quel perfetto che è malamente rotolato via, tutto quel cielo bello pieno di muffe, a cosa serve il mondo che ancora incontro e non smetto di toccare, anche se sempre da più lontano, quasi senza mano, a cosa serve, ti chiedo, mi chiedi?
È un laboratorio.
È il laboratorio dei tuoi sorrisi.
Pensa, leggendo questo libro di poesie, pensa che si sono accumulati in tante città, in tante stanze, occasioni e persone, sapori e canzoni, perché tu possa un giorno smuovere le labbra, al di là della gioia e della tristezza, perché tu percepisca un movimento, anzi il Movimento, l’unico che alla fine importa, il sorriso, che è il cure riemerso, un gesto, un manifesto, un ponte verso chi ha intercettato il tuo viso forse per caso, un tocco di pelle su pelle più grande di ogni saluto, il movimento più umano che possiamo fare senza allungare una mano.
A questo serve il mondo.
A questo serve la poesia e questo libro, forse anche queste poche righe che sto scrivendo: ad allenarti a cercare e fiutare sorrisi, a partire da te, al di là di ogni umore e gradino, al di là di ogni imprevisto o di altezza, al di là della gioia e della tristezza.
Stefano Serri
L’età sorprendente
La mattina di un altro giorno il mondo
è sempre di ritorno
scendo le scale e ascolto i
lamenti del legno
(sciolgo un’aspirina in un bicchiere d’acqua
inclinato il
bicchiere ci si sente subito meglio). Lascio ora che
mi prenda
l’età sorprendente
quell’età in cui gli amici non
resistono all’invidia
i nemici abbozzano un
tardivo rispetto. Esco in strada e riconosco
il mondo
disordinato (è come
se l’estate avesse dato una festa e
l’autunno apparisse
comportandosi
da invitato). Nell’età sorprendente siamo
in mezzo al nulla
come monete avanzate da viaggi all’estero
(sai che valgono soldi ma qui
non hanno valore).
Il circo è montato
Una
compagnia di artisti. Il mago
abile
tira fuori dal cilindro illusioni. L’acrobata salta
di trapezio in
trapezio. Il giocoliere è agile nel
far sfumare
sogni. La contorsionista rapida
nell’arrotondare la verità. L’inquietante nano
cerca di passare
inosservato. E ci sono tigri
e leoni. Ci sono tigri e ci sono
leoni. Il domatore astuto va
addomesticando la folla. Il pagliaccio povero cade dalle
mani del
pagliaccio ricco. E il pubblico estasiato
batte le mani
e sorride. Il pubblico è divertito. Nel circo del Portogallo
ci sono numeri
variegati e artisti di livello
usurai come Shylock
bugiardi come Claudio
immorali come Iago.
I posti erano fantastici.
I
posti erano fantastici. Si poteva
vedere in dettaglio il boia singhiozzare
(il sangue scorrergli sulla faccia) la
sua espressione di
agonia. Erano posti molto belli. Le
sedie
erano ottime. Ci diedero la
prima fila. Si vedeva tutto in dettaglio
la giustizia da ristabilire (una
pena
da applicare) il dolore immenso
del boia. Aspettammo abbastanza tempo
per vedere la storia da
riscrivere
non sappiamo chi prescrisse che assistessimo da lì
ma era qualcuno che sapeva che
avevamo bisogno
di quello.