Marco Maraldi, Prima della luce
ISBN: 978-88-99274-87-0
pp. 64, € 12
Nelle poesie di Prima della luce ci si ferma talvolta alle soglie dell’esperire, mentre altre volte, come fossimo stati appena svegliati, ci troviamo nel cuore del già vissuto; veniamo guidati da teneri imperativi: oltrepassami, pulisciti. Il poeta imprime il dettaglio e accerta la circostanza, per poi accettare il vago di certi aggettivi, il dubbio di certe espressioni, strisce di grigio, piccoli tocchi di opaco, guidato da una consapevole ambizione alla medietà, la virtù etica del saper vivere tra estremi senza negarli, senza rinnegarsi.
A questa serena e combattuta moralità il poeta arriva dopo aver pernottato sui fondali, dopo aver vibrato per un istante almeno in una lucidissima altezza: non si può restare sempre né troppo in basso, né troppo in alto; allora si torna, per il momento, alla vita, al suo far convivere opposti.
Vi sembra rinuncia?
A me sembra conquista.
A me sembra poesia. Si smussano angosce, si salvano abissi, accettando di scrivere versi così, e si fa luce, si accendono le case, interamente, il vetro come il cemento.
Non è poco, l’equilibrio, sapersi muovere tra le millimetriche topografie della comunicazione e il goffo mappamondo delle emozioni; non è poco, sapersi trattenere e sapersi slanciare, non fare troppo male (anche a se stessi), sapersi avvicinare o fuggire, sapere quando spegnere la luce, sapere quando, finalmente, è il momento giusto
per andare a capo.
Dalla prefazione di Stefano Serri
Delle frasi sommesse bambini acquatici
restituiscono soltanto bolle, un segreto
che imprigiona implora e sedimenta
ci ignora dove nasce.
Nella calma apparente di un pomeriggio
scelse uno di noi, uno di noi
protese il nervo verso l’abisso
sciolse nel cucchiaio il desiderio, lo fece suo
brillò senza resistere nel buio di un giardino
e noi altrove, vita che gli sopravvive
nel miracolo dei corpi in riemersione