Silvia Albertazzi, La casa di Via Azzurra

Silvia Albertazzi, La casa di Via Azzurra
ISBN 978-88-96263-38-9
pp. 80, € 12

Nell’anima pervasa dalla luce azzurra – che troppo spesso trema di paura o vibra di attesa – molte finestre sono chiuse. Possiamo spiare tra le fessure delle persiane, ma non schiudere le imposte oltre lo spiraglio.
Altre finestre sono invece aperte e danno su paesaggi avvolti da una nebbia lieve e che però sovverte totalmente la visione, finché le cose emergono a sorpresa, ora opache oppure evanescenti, ora accese di visioni. Per poi esserne inghiottite nuovamente in attesa di diventare altro ancora, vita che riemergendo si fa nuova. Altre finestre ancora affacciano sulle strade e sulle piazze di Bologna, che chi la vive e abita riconosce immediatamente, provando però al contempo un senso di estraneità, nel fendere l’aria fredda di una inspiegabile distanza. Perché nella casa azzurra dell’anima da cui la poetessa osserva il mondo ci sono cantine oscure, dove da tempo non si vuole più guardare, scale scivolose strette che una volta risalite nessuno ha più percorso. E c’è un sottotetto con un lucernario da cui si guarda il cielo fino a sentirlo tanto accanto da potersene avvolgere, senza riuscirci mai.

Dalla prefazione di Chiara De Luca

La casa di Via Azzurra

Lo vedi, esistono sul serio i pettirossi
non ti aveva fregato la maestra
che ti parlava in terza elementare.
E gli alberi mettono foglie a primavera
e fiori nascono così, da un giorno all’altro.
È proprio vero: gli uccelli hanno un nido
e ci tornano alla fine della corsa.
Ci son voluti vent’anni e un po’ d’amore
perché vedessi dal vivo la lezione.
E a tuo figlio quanti anni ci vorranno
per dare un senso alla primavera
che mai vedrà dalla casa di via Azzurra
(casa da servi, con l’entrata sul retro
senza posto neppur per una culla)?

(Aprile 1976)

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