Collana Beija-flor- Poesia portoghese contemporanea
Nuno Júdice, La materia della poesia
ISBN: 978-88-99274-09-2
pp. 264, € 12
“Di fatto, quando scrivo e cerco le parole che comporranno la poesia”, spiega Júdice in La notte della poesia, “ciò che realizzo è una sorta di traduzione di un testo astratto, immemore, di cui conosco il senso generale, e che devo trasporre in un’altra lingua, la mia”. Il processo di scrittura passa dunque attraverso una duplice traduzione: il poeta legge il testo astratto presente nella propria mente, per poi trasporlo in musica traducendo la partitura del reale. Questo contribuisce a spiegare l’eterogeneità di forma, di stile e di toni che la sua poesia di volta in volta presenta: ora il poeta pare muoversi sul piano di una realtà onirica e sospesa, popolata di ombre evanescenti, che solo in parte si rivelano; ora pare scrivere in una sorta di trance che fa riaffiorare suggestioni dagli strati più riposti della coscienza; ora effettua una trascrizione lucida e oggettiva del reale, enumerando oggetti che si sottraggono a ogni possibile classificazione; ora si lascia trasportare da una forma di scrittura automatica che molto deve al Surrealismo; ora fa uso di un’ironia che – a suo stesso dire – qualcosa deve a Drummond de Andrade, Cesariny, O’Neill – in un tono di allegro mozartiano, che stempera anche le riflessioni più drammatiche sull’essenza della natura umana e sulle debolezze che la contraddistinguono.
Dalla Prefazione di Chiara De Luca
La materia della poesia
—————————-Per Salah Stétié
C’è una sostanza delle cose che non
si perde quando le ali della bellezza
la toccano. La perdiamo di vista, talvolta,
girando gli angoli della vita; ma
lei ci insegue con il suo desiderio
di permanenza, e viene a contaminarci
con l’infezione divina di una febbre di
eternità. I poeti lavorano
questa materia. Le loro dita estraggono
il caso da chi va
loro incontro, e sanno che l’improbabile
si trova nel cuore dell’istante,
nell’incrocio di sguardi che
la parola della poesia traduce. Leggo
ciò che scrivono; e dalla fiamma che
i loro versi alimentano si leva
un fumo che il cielo disperde, in
mezzo all’azzurro, lasciando appena un
eco di ciò che è essenziale, e permane.