Giorgio Anelli, L’umana ferocia
ISBN: 978-88-99274-34-4
pp. 48, € 12
Chi parla, quando si scrive? Spesso a prendere voce è una possibile umanità in cui ci siamo rispecchiati, uno stile, insomma, che ci ha accolti come una voragine. Dopo secoli di classicismo, ci siamo lasciati incantare dal desiderio romantico di originalità, dimenticando la dedizione dell’apprendistato, la fedeltà all’origine che non è semplice imitazione o esercizio di stile, ma ginnastica interiore in senso pieno, accrescimento d’essere attraverso la sequela di un maestro. Alla luce di tutto questo, riconosciamo in queste poesie di Giorgio Anelli la voce di un altro poeta, un giovane autore di culto tra pochi fedeli d’amore: Simone Cattaneo (1974-2009). Una tale, dirompente prossimità è certo una prova della potenza della voce di Cattaneo, ma nondimeno è il segno di una lealtà, di una precisione, da parte di Anelli, come quella di chi riconosce, in un coro, un timbro vocale, e sa prontamente sostituirlo, prolungarlo, perché ne comprende la necessità storica.
In questo prolungamento della voce feroce e umana insieme di Cattaneo, ovviamente Anelli aggiunge sfumature sue, sia tematiche sia strutturali, il cui regesto spetterà ai critici di professione. Qui importa annotare questa misteriosa e improvvisa staffetta, che nel movimento complessivo della poesia sigla un omaggio, il definirsi (embrionale) di una tradizione. Secondo vie misconosciute, in poesia certi uomini ricostruiscono fratellanze, stabiliscono patti senza nemmeno bisogno di incontrarsi realmente. Come se potessero, ancora, fondare una civiltà.
Andrea Temporelli
Immagina di essere intrappolato in un paese meraviglioso
dal quale non puoi scappare nemmeno a volerlo.
Il tempo impietoso scorre violentemente.
Ti sorprendi solo, la notte, davanti allo specchio,
con tutta la ferocia del mondo che storpia il tuo volto