Norina Fornasier, Infanzie
ISBN 978-88-96263-63-1
pp. 92, € 12
Nella splendida “Lettera a una figlia matricida”, Norina Fornasier veste i panni della madre barbaramente uccisa, anima errante nei cieli, privata anche della consolazione di un rimorso da parte della figlia. L’autrice si identifica nella Madre, patendo su di sé tutto l’orrore dell’accaduto, l’innaturalità della condizione della donna, la cui stessa essenza è stata rinnegata dalla follia di una figlia che la disconosce, abbattendo il ponte a pochi passi dalla sorgente, per scivolare nel vuoto e sprofondare nell’apnea di ragioni, nello sradicamento. Eppure non c’è traccia di odio in questo libro, né di risentimento. Perché Infanzie è un inno delle Madri, il cui ventre continua a comprendere e accogliere i figli all’infinito, aperto, accogliente, anche quando i figli l’abbiano squarciato per uscirne, recidendo con violenza cieca il cordone e ogni altro possibile legame. O illudendosi di poterlo fare. Perché le madri invece non cedono, non si spengono neppure di fronte all’atrocità che vorrebbe fermare il vento. Se ne restano nel cielo delle infanzie, stelle ardenti all’infinito pulsanti. La loro luce non scema, non trema, non vacilla. Perché il loro amore è fuoco che arde incrollabile e che riscalda, che continua a covare e a nutrirsi di sé anche quando le ceneri dell’odio o dell’indifferenza tentano di soffocarlo. Perché le madri emergono dal buio a rischiarare quel ponte, a far tremare le assi sottostanti. Restano presenti. Inestinguibili fonti.
Dalla Prefazione di Chiara De Luca
Non c’è luogo che mi accolga negli spazi stellari
né angeli che possano per me intonare il loro canto.
Nessun canto di dolore mi appartiene ancora nessun canto di gioia
nessun compianto per me che sono sola.
Anche tra i morti sono sola.
E ti appartengo ora come mai ti sono appartenuta.
Confuso il mio destino con il tuo,
giaccio prigioniera nella tua mente buia
e sono dentro ogni tuo respiro
sono il tuo sangue che scorre e non si nomina.
Sono te e sono più di te
ombra murata nell’intero tuo corpo
in qualunque tuo gesto c’è l’impronta del mio
sogno attraverso i tuoi sogni e urlo quando tu urli
sorrido quando tu sorridi.
Ma non posso ridere perché non ridi mai
non ridi e non piangi e mi tieni prigioniera del tuo silenzio.
(da “Febbraio 2001” ….a una figlia matricida)