Giuseppe di Taranto, L’allevamento di lumache
ISBN 978-88-99274-59-7
pp. 120, € 12
Lo sai a che serve, un libro di poesia? A cercare ancora un po’, una volta ancora, mappe e legende per la felicità.
Alcuni libri, come cartelli stradali a due colori, hanno la pretesa di indicarla netta, con una freccia o poco più. In altri, infinite rotatorie.
Ci sono poi libri, come L’allevamento di lumache di Giuseppe di Taranto, che non consigliano strade o scorciatoie. Sono bussole. E tu che leggi, ne sei l’ago.
Puoi puntare al nordico rigore di Poesia cattiva-cattiva poesia, all’ironia bellica di Innovazione e progresso o puoi, come in Mestruo, assecondare lo stillicidio di tempo nel e dal corpo. Oppure, puoi lasciarti scivolare insieme ai giorni e alle metafore nella clessidra esistenziale, tra epifanie e contemplazioni, di Compiti per le vacanze.
Attraverso questo libro vediamo poesie simili a lievi variazioni di pendenza, minimi aggiustamenti di traiettoria e oscillazioni quasi impercettibili dello zenit. Ma immobili, no: e immobile (porta pazienza, prendi fiato) le poesie a lasciarti immobile, no, proprio non sanno rassegnarsi.
Stefano Serri
Sabato 13
Mi scriverò questa solitudine
sulla mano
cosicché se un giorno
dovesse farsi compagnia
potrò copiarla su un foglio
come si fa nei compiti di matematica
e dimostrare al mondo
che pure essa è una formula
che non contiene l’universo intero
eppure lo coglie infinito
nel suo rumoroso esibirsi
muto.