Julia Bell, Innario

Collana Goldfinch Poesia gallese contemporanea
Julia Bell, Innario
Prefazione di Stefano Serri
Traduzione di Chiara De Luca
Con un’intervista a Julia Bell
ISBN: 979-12-81236-20-2
pp.
246, € 15.

Per questo viaggio, non bisogna dimenticare nulla, mettere tutto in valigia, o altrimenti piangere, come la bambina di nove anni in Pickfords, perché le cose scordate non le riavremo mai. Riavere le cose perdute: ecco la poesia. In questo recupero o ri-creazione attraverso i ricordi, Julia Bell procede a tentoni, insicura, componendo a poco a poco il mobilio della sua dimora e dei suoi giorni. Va diritta lì dove vede luccicare un giocattolo, un libro, la stufa; magari ci sbatte addosso, il ricordo è un piccolo pugno nascosto in un pugno più grande e colpisce, ma la sua casa, il suo paese, questa vita passata a «esercitarsi a non sentire», lei li attraversa da cima a fondo (esemplare in questo senso la poesia Canonica di Aberaeron), e nel suo personale labirinto troviamo tutto quello che ci serve in una casa. Ma non è facile, arredare un labirinto. A ogni angolo, a ogni curva, bisogna conciliare innovazione e tradizione. Altrimenti rischi di perderti o, ancora peggio, di annoiarti nella tua stessa casa. E allora sarà inutile cambiare la disposizione di una poltrona o di un quadro, se c’è la noia. Per ritrovarti in un labirinto accogliente, due cose sono fondamentali: gli specchi e i punti luce. Illumina male un corridoio e sbatterai ogni volta contro lo stesso muro. Ma se metti uno specchio dove non devi, sbatti ogni volta contro te stesso.

Specchi e punti luce, ovvero i frammenti di autoritratto e le illuminazioni della Storia, si alternano in Innario, attraverso la conoscenza del corpo, quella pesante valigia piena di meraviglie che è l’essere donna: il superamento di una rigida morale sessuale e di famiglia, le domande sul sesso e le prime esperienze / esperimenti, l’emergere lento (un accenno, un soprannome, alcune immagini sui giornali) del lesbismo; una lenta liberazione, ma anche la conoscenza del male, con il dolore di una ragazza che vede la madre troppo, sempre, sul divano.

Bene. Abbiamo attraversato il labirinto, abbiamo sfogliato l’album, abbiamo letto la storia di Julia Bell. E adesso? Credo che libri come questi, i poeti non li scrivano per affabulare, incantare con la propria voce ben allenata, eleggere la propria esistenza a esempio. Quando si scrive la propria vita, e per rivolgere a tutti i lettori un invito a scrivere la loro. Perché per uscire dal labirinto, il filo d’Arianna è la vita degli altri.

Dalla prefazione di Stefano Serri

Carrozzina

Infilata sotto la coperta
è tutto quel che si vede di me, piccolo agnello,
e voi due vi piegate a guardare
come in un pozzo dei desideri.

Chini con foulard e cappotto di cammello,
in quel grande buco nero della carrozzina
voi stessi ripetuti sotto la coperta,
che ticchetta forte come una bomba.

Gli abbandonati

Faccio spesso questo sogno, sono bloccata tutta sola
in questo cortile con l’asfalto grumoso e crep
muschiate e una struttura per arrampicarsi arrugginita.

Sono senza fiato, panico mi batte
nelle orecchie, girando e rigirando intorno
al parco giochi, impazzita.

Sono stata dimenticata, in questo luogo abbandonato.
Il terrore s’insinua, come la pietra grigia del Galles
e la pioggerella.

Forse è il video sul pericolo sconosciuto
che ci hanno mostrato in assemblea
dove una ragazza è stata rapita da un cimitero

o forse ho sognato anche quello.
E l’impetuoso sermone del Padre sul
giudizio che avrà luogo quando moriremo.

Non c’è via d’uscita, se non svegliarsi
urlare, piangere, respirare forte
a ogni battito del mio cuore impuro.

Doni dello Spirito

Inizia con un ronzio. Poi braccia
alzate come rami, dita tese,
che respingono il sole o lo richiamano.

Tutt’intorno gemiti umani, i loro occhi chiusi.
Tale supplica al tetto, al cielo.
Poi arriva il borbottio. Cosa sono queste lingue?

Il sacrestano borbotta come se l’organista
stesse suonando al contrario. Mio padre parla della
vicinanza di Dio. Il suo spirito si muove tra noi.

Il tubare ambient del gruppo musicale.
La signora Morgan è commossa fino alle lacrime. Potrei
leggere, giocare a tennis, esercitarmi con il violino.

Invece, chiudo gli occhi e li stringo.
Il genere di contrazione che induce
lacrime, o una scoreggia.

Macchie scure sotto i miei occhi,
un battito cardiaco contro la luce.
È quello Dio?

L’arcobaleno

Si baciano in nudo bianco e nero,
granuloso, sul minuscolo portatile che sposto
al piano di sopra prima dell’incontro di preghiera.
L’antenna deve essere alla strenua ricerca di un segnale
e l’immagine è pessima, ma sufficiente
per provocare eccitazione in questa sera in mansarda.

Mezza pazza di un tipo di desiderio per cui Lawrence
soltanto ha le parole, le guardo che si abbracciano
nell’acqua, il brivido di morbide curve, che si toccano.
Poi qualcuno stacca la spina. Mia madre, del colore del
vino della comunione. Dio voleva che io lo sapessi, dice.
Spesso, penso lui volesse che lo sapessi anch’io.

Oswestry

Prendo un taxi. La buia città mercato,
un mondo di mezzo, per metà legno,
in un giorno gelido e nebbioso. Un posto con un piede in Galles
e l’altro in un qualche sogno medievale inglese.

Dovrei fare delle cose con
l’Unione Cristiana in qualche municipio.
Ma ho saltato i loro seri studi biblici
e le stesse vecchie preghiere frustrate,

Trovo un chiosco che vende incenso, sciarpe
indiane, e statue di tutti gli dei
che potresti mai desiderare di conoscere.
Ganesh e Kali, un Buddha che ride, un votivo

di Maria, Gesù e Giuseppe, una mano di Fatima,
amuleti blu contro il malocchio,
l’Occhio di Horus inciso su una moneta da due penny,
un cristallo che può aiutare con la divinazione dell’acqua,

un mazzo di tarocchi. Mia madre è vicina
mi dice di non ascoltare il Demonio. Gli piace
presentare le alternative con una lingua d’argento.
Ma questo Olimpo su un tavolo rimovibile non

sembra molto divertente. Guardo tutti questi feticci
con un crescente senso di vertigine,
mentre tutto ciò che era certo si sposta sul suo asse.
La nebbia diventa più greve, un sudario, o un denso mistero.
E mentre giro l’ombra di un albero,
sfocata intorno ai bordi, la sua mappa di rami,
che scorre, le possibilità della mia vita che si dispiegano,

contro la pallida convenienza del cielo di novembre.

Author:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *