Collana Alfabet – Poesia nordica contemporanea
A cura di Bruno Berni e Morten Søndergaard
Sarah Zaid, Non scordiamoci mai quanto può essere bello vivere
Traduzione e cura di Edoardo Checcucci
ISBN: 979-12-81236-29-5
pp. 186, € 15
Quasi fin da subito ci si accorge che una delle tematiche centrali, attorno a cui ruota una parte delle riflessioni della giovane Sarah, è l’identità. In una delle primissime poesie, seppur con una certa dose di ironia, ci viene immediatamente fornita una descrizione per punti di ciò che più la rappresenta, introducendo alcuni argomenti cardine della raccolta. Inizialmente afferma di essere knekkebrød, che solo in seguito il lettore scoprirà essere un nomignolo razzializzante inventato da una compagna di scuola che si atteggia un po’ a bulla nei confronti della protagonista. Dopo aver sostenuto di essere una studentessa modello e prendere molti bei voti, si scopre inoltre che Sarah si autoattribuisce l’epiteto pakkis (paki), termine spregiativo utilizzato in Norvegia per indicare i pakistani. Una tale operazione sarebbe stata impensabile negli anni Ottanta, all’epoca della stesura di Pakkis di Khalid Hussain: il termine era entrato da poco in circolazione e la storia di immigrazione era ancora troppo recente perché si potesse assistere a una qualche reazione da parte di coloro a cui l’insulto era rivolto. Qui Sarah, in linea con altri autori norvegesi contemporanei con un background di minoranza, compie un atto importante di appropriazione di un termine utilizzato come insulto razzista dai norvegesi bianchi, riattribuendogli un significato diverso, di inclusione dei membri di una comunità, tanto più che non lo impiega in riferimento solo a se stessa ma ai norvegese-pakistani in generale. È un modo per neutralizzare e soppiantare l’uso originario del termine, un po’ come è successo nell’ambiente hip hop americano dove i rapper di colore, ormai da tempo, hanno cominciato a chiamarsi nigger tra loro.
L’identificarsi nella minoranza pakistana, comunque, non impedisce a Sarah di sentirsi anche norvegese, anche se è interessante notare che esplicita questo sentimento solo quando si trova in Pakistan. Durante un soggiorno di vacanza a Lahore, infatti, afferma che è molto arduo sopportare l’afa tremenda di quel posto e che il Pakistan non è un luogo adatto di villeggiatura per i norvegesi, gruppo in cui include anche se stessa, dato che utilizza l’espressione “noi norvegesi”.
Dalla postfazione di Edoardo Checcucci.
quando avevo sei anni
fingevo che il tappeto da preghiera fosse il Tappeto volante
dopo mezzanotte
quando erano tutti a letto
uscivo in terrazza per volare su Legoland
tutti i piccoli danesi salutavano
gridavano Guardate! È la principessa Jasmin!
gli alisei mi portavano a Nuova Delhi
dove raccoglievo rambutan dolci da alti alberi
ne infilavo alcuni in tasca
davo il resto al Genio
***
tornando da scuola passiamo sempre per Holmliahallen
a meno che non sia chiuso
o i bagnini non ci caccino
la piscina coperta sa di cloro e gomma
dopo l’intervallo c’è palestra
dobbiamo correre formando un 8 a venti sottozero
«wallah, noi stranieri non sopportiamo mica ’sto freddo!»
«hai sentito?»
ci sdraiamo
lungo le pareti lisce e verdi
facciamo a gara a chi fa riecheggiare più forte wallah
fuggiamo dalla guardia
***
la sorella di Marie si chiamava Karoline
è diventata anoressica a quindici anni
mi è mancato il respiro quando l’ho vista dopo l’università
in una stanza bianca a masticare mandorle
Karo? ho detto
due volte
ma non voleva guardarmi
dopo un po’ è passata dai semi di chia e dalle mandorle
al Rikshospitalet con un tubo su per il naso
Marie è stata assente tutta la settimana degli esami
Karoline si è convertita
quando il cugino di Omar si è messo in ginocchio
si è imparata a memoria il Corano
e ha cominciato a salutare in arabo
le sue compagne di classe dicevano che era fusa
non hanno pianto al funerale
***
devo scendere spesso al Meny la sera
«dov’è tua mamma?» mi chiede la cassiera
la guardo triste sparando stronzate in urdu
di solito funziona
***
Il Duce
se Dio è un satellite deve fare più attenzione
quel nerd della B ha appeso
manifesti di Mussolini in mensa
è stato sospeso per una settimana
il gruppo di studio ha dimenticato il suo nome
tutti in cortile sono presi dalla rivoluzione
ma non del tipo 1922
dovrei farmi delle skill farmi un nome
spreco le giornate a fantasticare
il venditore ambulante grida
MISS ARE YOU FROM INDIA!!?
dovrei perlomeno essere Miss India 2015
saltare il pranzo digiunare durante il Ramadan ma
in realtà ho fame e sogno di
pernottare al Rema 1000
incontro il prof di biologia all’incrocio
devo alzare la voce
afferma di essere mezzo malato o roba del genere
mia cugina dice che usano il microfono a lezione
una volta avevo un microfono da karaoke
rivolgevo appelli al pappagallo in salotto
***
il 77 ci mette un’ora per andare in centro
la maggior parte delle ragazze in classe vive con coinquilini
a pochi minuti da scuola
alcune hanno stanze libere
ma a me piace prendere il bus
solo la sensazione
sai
di fluire leggera
e tutte le macchine
fuori
che si alternano a
riversarmisi dentro
pensa quanto posto
dev’esserci dentro di me
mi piace la sensazione di dissolvermi
sprofondare e diventare
ghiaccio e gas di scarico
mente il gelo s’insinua
i passeggeri muoiono di freddo
il ritorno è sempre più breve