Snáthaid Mhór – Poesia irlandese contemporanea
Ray Givans, Tolstoj innamorato
ISBN 978-88-96263-44-0
pp. 180, € 12
Anna Achmatova e Dostoevskj, Tolstoj e Doroty Wordsworth, John Berryman e Wallace Stevens non sono soltanto rievocati, bensì evocati, chiamati sul palco a parlare di sé in prima persona, a mettere in scena la propria vita, i propri conflitti interiori e il proprio dramma esistenziale senza apparenti mediazioni. Ma anche nella seconda parte di Tolstoj innamorato, dove la storia individuale si sovrappone alla Storia collettiva e a quella letteraria (pur continuando a intersecarsi con esse); dove predominano gli affetti e le vicende della vita privata del poeta, Givans riesce a farsi da parte, lasciando che le parole divengano immagini vivide e che la vita metta in scena se stessa e la propria componente interiore, fatta di ricordi, desideri e fantasmi, speranze e disillusioni, che prendono vita e corpo d’espressione, attualizzandosi nell’eterno presente della parola poetica. Che nella poesia di Givans viene interrogata con profonda fiducia e ascoltata con stupore, servita con devozione e mai asservita. Resa strumento a modellare la materia informe dell’interiorità, ma mai strumentalizzata al servizio dell’egocentrismo autoriale.
Dalla Prefazione di Chiara De Luca
Anna Akhmatova
Lascia che la luna tracci un arco nelle nubi serrate.
Lascia che il sole sorga domani con la bocca giallo
ocra stupefatta al rilascio di mio figlio. Fa che le sue
mani fredde e gli stivali distrutti avvertano il calore
della neve siberiana che si scioglie. Che questo applauso
si levi tra gli zatterieri adoratori dello stato,
i loro Dei dalla facciata di stucco dorato. Fa che Stalin
nel suo quartier generale ascolti chi sussurra
e fa che avverta l’eco di quest’applauso solcargli
la cassa toracica. E fai sapere a lui, e agli agenti
che metteranno cimici nella mia casa di Fountain Street
che il salice argenteo della mia infanzia
si leverà di nuovo dalla sorgente della terra
e aspirerà queste acque d’applauso. E in un giorno
che Dio manderà, con il vento lieve che varca gli Urali
verso Tashkent, non nenierà più, né più sarà imprigionato,
bensì ardente applaudirà con la foglia emettendo
spore che faranno levare dalla mia amata madre terra
gli scrittori con la libertà di esprimere il suo rigoglio,
o quella stagione incolore, senza la paura dei silenziosi
uomini silenziosi, con il burr di quelle loro seghe circolari,
a intaccare i tuoi rami che vivono, respirano, accrescono la vita.