John Barnie, Ghiaccio

Collana Goldfinch – Poesia gallese contemporanea
John Barnie, Ghiaccio
ISBN 978-88-96263-14-3
pp. 342, € 12

Gli umani, i nostri posteri, vivono rassegnati sotto una severa dittatura che ne controlla ogni gesto, ne organizza il tempo libero, decidendo di ogni attività e forma espressiva, compresa quella artistica. Il Comando controlla perfino i momenti di svago, organizzando forme di intrattenimento “innocue”, in una pesante atmosfera censoria. Il tutto è visto attraverso gli occhi di un tenente delle truppe d’assalto di Banda, cioè narrato dall’interno. Tutti i personaggi sono “tipi”, eppure non stilizzati, bensì presenti, attuali, reali. E somigliano a noi in modo eloquente e inquietante. Sono i membri di una umanità abbandonata a se stessa, gravata dal peso dei propri errori, di cui non sempre ha la piena percezione. Sono uomini che hanno dovuto dimenticare la forma di una foglia, il colore dei fiori, il canto degli uccelli, il calore della luce del sole. Eppure ancora combattono tra loro. Come già in Tumulto in cielo, Dio ha rinunciato a loro, o è da loro stato relegato in distanza. Se ne resta appartato, fuori dal gioco, desolato o indifferente o forse soltanto assente. E gli esseri umani sono prigionieri della proprio assoluta, incondizionata libertà. Di cui hanno approfittato per distruggere la bellezza, umiliare e circoscrivere ogni forma d’arte, sottrarsi il sole, il verde, il ciclo delle stagioni, odori e sapori, l’alternanza del giorno e della notte. Ma pur essendo accomunati dallo stesso tragico destino, gli umani continuano a odiare, a distruggere, devastare e saccheggiare il poco che sono riusciti a preservare dalla rapida avanzata del ghiaccio, in cielo, nell’anima, sul suolo.

Dalla Prefazione di Chiara De Luca

“I poeti avevano sempre,” dice il Comando, “troppe opinioni;
i migliori erano depressi e malvestiti.
Se avessimo insistito a volerli dentro il cordone si sarebbero
aggirati nelle cucine del campo dicendo “È tutto sbagliato”,
con quella loro punta di dissenso. (Si è mai visto un poeta soddisfatto;
non lo pensiamo né crediamo possibile.)

Ma fronteggiando Hox e Nekton nel campo di battaglia della tundra
avremmo potuto imbrigliare la mistica che sempre rivendicano
dall’alto dei loro cavalli enormi di parole

ben presto caduti nella neve, così ci dissero, trascinandoli con sé
morirono con loro senza portare alcun conforto tra le fila oscure degli Abbandonati,
tanto che quando gli frugarono nelle tasche alla ricerca di un tozzo di pane trovarono solo poesie
con varie correzioni, le gettarono in mezzo alla neve
che cadeva e cadeva e cadeva e cadeva nel lungo viaggio verso la costa.”

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