Sandro Barrella, La lepre

Collana Chingolo – Poesia argentina
Sandro Barrella, La lepre
Disegni di Eduardo Stupía

Prefazione di Stefano Serri
Traduzione di Chiara De Luca
ISBN: 979-12-81236-12-7
pp. 126, € 15

Una canzone di Franco Battiato non la si cita a caso, anche solo per la fatica di ricordare le improbabili meccaniche combinatorie dei suoi accoppiamenti lessicali. I memorabili gesuiti euclidei che appaiono all’inizio di questo libro non sono certo una fortuita apparizione, né il frammento casuale di una canzone orecchiata distrattamente alla radio. Quasi cartiglio, la prima poesia annuncia quale impresa si va a tentare nel volume: la ricerca di un centro di gravità permanente, un qualcosa che possa tenere insieme chi scrive e chi legge, e saturi il vuoto che separa le disiecta membra dell’umano consorzio.

Che sia quantum o quid, qualcosa ci manca. Ma, tenetevi forte, ci dice Sandro Barrella, questo ur-elemento che rientra nella composizione di tutto ciò che vive e ha tempo, questo Frankenstein che ha le istruzioni per assemblarsi da sé, questo personaggio che è il proprio autore, ecco: lo abbiamo trovato. Si-può-fare. Ecce lepre.

E dunque: la lepre in cielo e in mare, di ogni forma, colore, età; la lepre liberty o dada, la lepre comunista o penitente, la lepre di Schrödinger, la lepre di Neanderthal; la lepre emblema, maschera, factotum, alter ego; la lepre simbolo, la lepre allegoria. Eccetera, eccetera, eccetera.

Una macchia / di lepre è ancora una lepre.

Ma è proprio qui, che i poeti laureati alzano il muso (e le orecchie, piuttosto lunghe) e dicono: alt, fermatevi un momento. C’è bisogno di tutto questo? C’è bisogno di tutti questi filtri e legende, di queste traslazioni e spaesamenti? Io gli rispondo:

Poesia, per infilarsi dentro, deve chiamarti col tuo nome giusto.

Perché, chiedo allora io, sempre e solo una lepre salticchia in tutto il libro, perché sempre e solo un poeta? Questo uso di un’unica cifra è un modo, uno tra i pochi, per crearsi un centro, magari permanente come nella canzone di Battiato, disponendo una metamorfosi a ogni voltar di pagina, ancorando nei mutamenti questo musetto e questi occhi umidi, avvertendo tra le righe il suo sguardo non innocuo ma innocente, e mai spaurito: eccola affacciarsi dalla giostra di fenomeni, eccola nella danza macabra dei giorni, nella ruota della sorte sempre in corsa; ammicca qui e là, spettatrice al cinema, divinità degli inferi, oggetto da museo, spettatore nel museo, direttrice del museo.

Questo giro del mondo in 34 lepri prevede numerosi omaggi a personaggi e terre, l’Italia in primo luogo, Aldo Moro, il Vesuvio, Sanremo, Feltrinelli; ma anche pittori e musicisti, Canetti e Jerry Lewis, Mosè ed Erik Satie. Sopra tutti, più volte citato, Joseph Beuys, l’autore di “Come spiegare la pittura a una lepre morta”. Perché questo fa, paziente, Barrella in tutto il libro, raccontando a noi, scuoiati post-moderni, con la pelle strappata dai noumeni, che cos’è (ancora) l’arte.

Ogni essere umano è un artista. Io non sono un essere umano. Sono la lepre.

 

Dalla postfazione di Stefano Serri

La lepre della teologia

Sembra fatta di pietra, è mollica di pane.
Elude l’ansia di chi va
fino all’impalcatura dove decifra gli enigmi
come se fosse il rovescio della Sfinge?
Rigida calma simula, neve sciolta
nella gravità. I fedeli che fermano
il loro passo a mormorare frasi sul male
li espelle come l’ultimo sospiro di un bonzo.

***

La lepre della prosa

Era una musica del Venerdì Santo? Una musica senza un
tempo fisso? Era un
requiem per i morti a venire? Esiste qualcosa di diverso
da Dio o dalla musica?
Domande di fede che la lepre si pone. Ascoltò musica
Aldo Moro prima
degli spari? E i messaggi telegrafici criptati, erano di musica?
Di musica l’ambiente nel bagagliaio della Renault 4 che
lo lasciò in via Caetani?
Formava un angolo di quanti gradi il corpo di Aldo Moro
sulla prima pagina del Corriere Della Sera? Domande
morali.
Era un inno di lotta dell’estrema sinistra italiana?
Un argomento
per opere civili? Un melodramma sulla guerra di classe?
Il PCI
per i giovani
portato al varieté? Domande di morte.

Dietro il vetro la lepre spegne la musica e scrive nel suo
quaderno una frase
che legge in Sciascia. Sono, come si sarà notato, versi; ma
li trascrivo in prosa per restituirli meglio alla loro
insensatezza e atrocità,
perché la prosa non perdona.

***

Canetti o la lepre dei morti

La nave che porta l’anima
appena morta di Canetti nella regione
dei morti, quel luogo che in vita Elias Canetti
evocò come un profeta con le parole
nel suo caso scritte, linee e linee lettere di stampo e prosa tedesca,
la nave, la cui sovranità è esercitata da un barcaiolo di scarsa altezza, la nave,
fa una svolta profonda e si dirige, prima di concludere
la consegna dell’anima appena morta di Canetti,
verso l’isola della lepre;
una deferenza da parte del traghettatore, lui conosce
ogni centimetro dell’arcipelago come l’opera di Elias Canetti.
Dietro il vetro la lepre aspetta l’arrivo della barca
per riprodurre la scena che ogni giorno a quell’ora ripete a condizione
di un pagamento esiguo, una somma che solo lei e il traghettatore conoscono.
Su una facciata di legno la lepre inscrive
queste parole: Mi risultano spregevoli i sacerdoti
di tutte le religioni che non possono riportare indietro i morti.

***

La lepre d’ombra

Accanto al cane, al cavallo e all’uccello, è una delle figure
più semplici del teatro delle ombre, ma a differenza
di quelle la lepre può eludere il procedimento.
Non è strano veder vantarsi nella stanza di un bambino
un padre con il pugno destro che si chiude
l’indice e l’anulare eretti e una luce che sfugge
alla ragione dissipando l’immagine sul muro.

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